5 Dicembre 2016

Metodo e strumenti

Le organizzazioni che fanno delle competenze il loro punto di forza, possiedono il vantaggio di massimizzare le opportunità future di successo: lo sviluppo di un sistema dinamico di mappatura delle competenze diventa una condizione indispensabile per gestire i cambiamenti e i bisogni interni a un’organizzazione. In uno scenario in cui la flessibilità sta diventando la condizione fondamentale per fronteggiare con esito positivo le sfide continue che il mondo della ricerca impone, nonché per adeguarsi alle costanti evoluzioni dei vincoli legislativi a cui l’ente è sottoposto, appare sempre più importante riconoscere e valorizzare l’apporto professionale di ogni individuo rappresentato dalle conoscenze possedute e possibilmente anche dalle capacità individuali di gestire, esprimere e accrescere le stesse.

In questa prospettiva, per garantire l’eccellenza di tale apporto professionale, è indispensabile non solo monitorare costantemente i risultati e le prestazioni dei singoli, ma soprattutto “individuare, mantenere e sviluppare quello che le persone sanno, quello che sanno fare e come lo sanno fare” (Enrico Auteri, Management delle Risorse Umane).

Stiamo, quindi, parlando di competenze. Tentando di mettere da parte l’enorme dibattito irrisolto che esiste attorno al significato (o ai significati) di competenza, noi ci concentreremo sul significato legato al contesto che stiamo trattando (mappatura delle competenze necessarie per generare determinate prestazioni e relativa analisi al fine del miglioramento e dello sviluppo delle stesse). In base a tale presupposto ci focalizzeremo sul concetto di competenza in quanto conoscenze, capacità tecnico-professionali e motivazioni che un individuo dovrebbe possedere (Spencer & Spencer e McClelland) e sapere attivare (Le Boterf) al fine di svolgere in maniera adeguata le mansioni assegnate ed assumersi le responsabilità richieste per la funzione ricoperta.

Anche in coerenza con l’obiettivo promosso dal Consiglio Europeo di Lisbona nel marzo del 2000 di fare dell’Europa “l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale”, Mind the Gap pone la conoscenza (intesa come competenza) al centro del processo di riconoscimento e sviluppo del patrimonio professionale e ‘culturale’ dei dipendenti dell’ente attraverso il monitoraggio delle prestazioni, il riconoscimento delle capacità distintive (al fine di diffonderle), in un’ottica di costante miglioramento e divulgazione delle buone pratiche e di crescita professionale dei singoli e, quindi, dell’ente stesso.

Fondamentalmente esistono due approcci opposti per impostare una mappatura della competenze: da un lato esiste un modello deduttivo nel quale a monte e astrattamente si definiscono i set di competenze utili/necessarie per raggiungere determinati obiettivi e per svolgere in maniera adeguata determinate mansioni; dal lato opposto esiste un modello induttivo nel quale, al contrario, i set di competenze vengono definiti attraverso l’osservazione e l’analisi dei comportamenti di successo.

Il modello proposto prende spunto dai due approcci, evolvendosi nei seguenti step:

  • Individuare ed analizzare i principali processi (in base alla normativa UNI EN ISO 9000:2000 il processo è un “insieme di attività correlate o interagenti che trasformano elementi in entrata in elementi in uscita”) per definire un set di mansioni (attraverso interviste semistrutturate e/o strumenti di raccolta delle informazioni);
  • Identificare le competenze (conoscenze tecniche ideali/ottimali – capacità individuali di esprimere dette conoscenze) richieste agli individui per ogni mansione precedentemente definita;
  • Definire, attraverso una descrizione dettagliata, i diversi gradi di specializzazione/autonomia per ogni competenza;
  • Creare una lista di item di competenze ritenute rilevanti su cui il personale interessato andrà ad autovalutarsi.

Con l’emanazione da parte del Dipartimento della Funzione Pubblica della Direttiva “Per una pubblica amministrazione di qualità”, gli enti pubblici vengono fortemente sollecitati ad adottare strumenti di autovalutazione delle prestazioni come punto di partenza obbligato per avviare percorsi di miglioramento. “L’auto-valutazione è un’analisi esauriente, sistematica e periodica delle attività e dei risultati di un’organizzazione. Il processo di valutazione che consente ad un’amministrazione di individuare chiaramente punti di forza e aree di miglioramento, deve tradursi in azioni di miglioramento pianificate e monitorate nel tempo per verificarne l’andamento” (European Foundation for Quality Management – EFQM). Sempre come ricorda la Direttiva sopracitata, “L’autovalutazione di un’organizzazione si attua attraverso un processo condiviso, il più possibile partecipato e diffuso a tutta la struttura, i cui elementi caratterizzanti sono dunque: sistematicità, periodicità, condivisione e miglioramento finalizzato all’eccellenza dei risultati”.

Un’organizzazione basata sulle competenze, e che considera l’autovalutazione della prestazione uno dei capisaldi per garantire l’efficienza delle sue azioni, prevede innanzitutto la più ampia condivisione di questo strumento attraverso una sua diffusione capillare e con interventi formativi ad hoc. Il soggetto dovrebbe imparare a valutare in maniera  critica il proprio operato confrontando gli obiettivi prestabili con i risultati raggiunti.

Attraverso un’azione di razionalizzazione e riorganizzazione dei dati raccolti tramite l’autovalutazione delle prestazioni, sarà quindi possibile individuare delle aree di potenziale attivazione della formazione (gap formativi) e, di conseguenza, orientare la formazione per renderla più mirata ed efficace e trarne i maggiori benefici.

In un ottica di miglioramento continuo, la pianificazione della formazione non può prescindere dai seguenti elementi:

  1. definire le priorità, nel senso di scegliere gli aspetti da potenziare/revisionare nell’ambito delle aree migliorabili emerse durante la fase di autovalutazione e focalizzare l’azione formativa su esse;
  2. pianificare l’azione formativa vera e propria utilizzando risorse interne, laddove si siano individuate professionalità di eccellenza o buone pratiche che si ritiene utile diffondere e/o risorse esterne, nel caso di novità normative o procedurali da inserire;
  3. attuare l’azione formativa;
  4. monitorare, valutare il percorso formativo ed eventualmente sottoporre il progetto a revisione.

La filosofia del miglioramento continuo sarà, quindi, applicata anche per colmare i gap di competenza e per garantire un apprendimento permanente (lifelong learning).

Dunque centralità delle competenza e delle aspettative dell’individuo, coinvolgimento del personale, approccio per processi, il tutto al fine di migliorare le proprie prestazioni in termini di efficacia e di efficienza (vedi normativa UNI EN ISO 9001:2000).